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Ciocchetti: costruire un percorso integrato, il paziente al centro

La Medicina Interna vuole essere al centro di una trasformazione fondamentale, necessaria per il sistema sanitario, con l’obiettivo di migliorare il processo di dimissione dei pazienti dagli ospedali per acuti. L’attenzione si concentra sui pazienti che, una volta dimessi, hanno ancora bisogni assistenziali complessi e residui. I medici internisti sono consapevoli della necessità di un approccio più complessivo, che non si limiti alla cura della patologia acuta in ospedale, ma che integri strettamente l’assistenza ospedaliera con quella del territorio. Questo cambiamento è cruciale per la gestione efficace dei pazienti cronici e polipatologici, che necessitano di un’assistenza continua e coordinata tra ospedale e comunità. Sul ruolo che la Medicina Interna potrebbe avere all’interno del sistema sanitario, si è concentrata la conferenza, indetta su iniziativa di Luciano Ciocchetti, Vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera, e organizzata dalla Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.

‘La Medicina Interna rappresenta oggi un presidio fondamentale per garantire l’appropriatezza e la continuità delle cure – ha sottolineato Ciocchetti -. Il nostro sistema sanitario sta vivendo una fase delicata: da un lato la pressione crescente sugli ospedali, dall’altro la necessità di rafforzare i servizi territoriali. Per questo credo sia indispensabile valorizzare il ruolo dei medici internisti, che con la loro visione globale del paziente possono essere il punto di raccordo tra ospedale e territorio. L’obiettivo deve essere quello di costruire un percorso assistenziale integrato, capace di accompagnare i cittadini non solo durante la fase acuta della malattia, ma anche nella gestione delle cronicità, evitando ricoveri impropri e migliorando la qualità della vita delle persone. Come Parlamento e come istituzioni siamo chiamati a sostenere questo cambiamento, investendo su professionalità, strutture e modelli organizzativi che mettano davvero il paziente al centro’.

‘Spina dorsale del sistema ospedaliero – ha spiegato il presidente della Società Italiana di Medicina Interna SIMI, prof. Nicola Montano – la Medicina Interna è la specialità con il maggior numero di ricoveri e posti letto: in Italia ci sono 1052 unità con poco meno di 30.000 posti letto e un numero di ricoveri per acuti annuali di circa 1.000.000. La maggior parte di questi pazienti è ad alta complessità, con plurime patologie e bisogni assistenziali e sociali molto elevati. Un recente studio SIMI-FADOI ha messo in luce che più del 20% di questi pazienti rimangono ricoverati in maniera inappropriata, riducendo la disponibilità dei posti letto per il Pronto Soccorso e quindi contribuendo al boarding. È chiaro quindi che è tutto il percorso territorio-ospedale-territorio che va riformato, e la Medicina Interna va coinvolta perché è uno degli attori principali di questo cambiamento’.

A sua volta, la presidente eletta della SIMI, la prof.ssa Cecilia Becattini, riguardo alla riforma ha osservato: ‘E’ essenziale una visione della Medicina Interna come un flusso di cura, che accoglie il paziente acuto nelle unità di Medicina differenziate in diverse intensità di cura, lavorando a fianco ed in continuità con i Pronto Soccorso; durante il ricovero, considerando il paziente un unicum, la Medicina Interna è il punto di raccordo indispensabile per la medicina specialistica e in dimissione rappresenta il raccordo con la medicina del territorio per la maggior parte dei pazienti’.

‘Il medico internista rappresenta una risorsa chiave nella gestione delle persone con patologie croniche e complesse’, ha aggiunto il Past President prof. Giorgio Sesti: ‘La capacità di valutare il paziente nella sua interezza, anziché focalizzarsi su singoli organi o sistemi, permette all’internista di intervenire in modo efficace non solo sulla patologia principale, ma anche sulle sue complicanze e sulle eventuali comorbidità. L’internista, in questo contesto, si configura come lo specialista di riferimento, capace di prendersi cura delle persone con patologie croniche in ogni fase del percorso di cura: dall’acuzie alle riacutizzazioni che richiedono ospedalizzazione, fino alle fasi più avanzate della malattia. Il suo approccio non si limita alla gestione della patologia, ma considera anche gli aspetti sociali e familiari, offrendo una visione globale della salute del paziente’.

Sul piano delle più recenti politiche sanitarie invece, il vicepresidente SIMI, prof. Roberto Tarquini ha ricordato come ‘nel 2016 il Piano Nazionale della Cronicità (PNC) stabilisca principi quali presa in carico integrata, continuità assistenziale e centralità della persona; il limite di questo approccio è stato considerare le singole malattie, piuttosto che il paziente cronico pluripatologico. Questo ha prodotto una frammentazione dei percorsi e una non sostenibilità del modello; solo un approccio globale a questi pazienti rende il modello sostenibile, in un continuum tra medici di medicina generale e ospedale, dove l’internista è l’unico specialista, in grado di gestire questi malati con un impiego di risorse contenuto. La nascita delle Case di Comunità può essere sì una nuova opportunità, a patto che si disponga di risorse adeguate e si superino barriere organizzative, ma soprattutto anacronistici conflitti culturali tra specialisti e medici di famiglia’.

‘La Medicina Interna è al centro di una profonda trasformazione in relazione ai cambiamenti demografici, alle nuove tecnologie e ai percorsi di cronicizzazione di numerose patologie, senza dimenticare le difficoltà che riguardano finanziamenti e sostenibilità del nostro sistema sanitario’, ha concluso Ilenia Malavasi, membro della XII Commissione Affari Sociali della Camera: ‘La carenza di personale e l’aumento del carico di lavoro minacciano la qualità dell’assistenza, richiedendo urgenti investimenti e una valorizzazione del ruolo degli internisti, che in questi anni non abbiamo visto. In questo contesto, tra le altre cose, a maggior ragione, sarebbe fondamentale rafforzare sempre più l’integrazione ospedale-territorio, dove gli internisti possono agire, grazie alla loro visione globale e olistica, come perno di una rinnovata gestione della presa in carico delle persone e dei percorsi di cura. Lo scorso anno avevo accolto con molto interesse la proposta di un’indagine parlamentare conoscitiva in merito alla situazione dei reparti di Medicina interna, idea lanciata dalla Federazione dei Medici Internisti Ospedalieri che, tuttavia, al momento non ha avuto seguito. Penso che sia necessario rilanciare questa necessità di conoscenza e confronto, proprio perché stiamo parlando di un ambito centrale nell’organizzazione del nostro sistema sanitario, che deve essere valorizzato e tutelato a favore di tutti e tutte, come tutela della salute e principio fondante della nostra democrazia’.

10-12 ottobre 2025 IL 126° CONGRESSO NAZIONALE SIMI – La conferenza è stata anche l’occasione per presentare i temi del 126° Congresso Nazionale della SIMI in programma dal 10 al 12 ottobre a Rimini – https://www.simi.it/events/126-congresso-nazionale-simi-2025. Saranno tre giorni di confronto sulle principali tematiche cliniche: obesità, malattie cardiorespiratorie, malattie gastro-epatologiche e metaboliche, malattie immuno-allergologiche, malattie rare, medicina d’urgenza. Inoltre, ci sarà un track istituzionale con cui la Società vuole mettere a fuoco i punti salienti che mirano a ridisegnare la gestione dei pazienti, con una particolare attenzione al loro percorso di cura. Il dibattito si concentrerà in primo luogo sull’intensità del percorso ospedaliero, che deve essere ottimizzato per garantire cure rapide ed efficaci durante la fase acuta, preparando al contempo il paziente a una dimissione sicura. Un altro tema cruciale sarà inoltre il ruolo dello hospitalist, un medico internista che si dedica interamente ai pazienti ricoverati. Questa figura mira a migliorare la qualità dell’assistenza, la sicurezza del paziente e la continuità delle cure in ospedale, gestendo i casi più complessi. Infine, il congresso affronterà la risoluzione delle criticità nel territorio, proponendo l’aumento delle risorse extra-ospedaliere come personale e strutture intermedie. L’obiettivo è rafforzare il legame tra ospedale e assistenza domiciliare, riducendo le riammissioni e assicurando un supporto continuo ai pazienti con bisogni assistenziali residui.

Durante il Congresso verranno infine assegnati due riconoscimenti: il SIMI INTERNATIONAL AWARD 2025 e il PREMIO SOLIDARIETA’. Il primo, sarà consegnato a Sir Michael Marmot, celebre per il suo lavoro sulla salute e le disuguaglianze sanitarie, uno dei primi ricercatori a sottolineare che fattori come il reddito e l’istruzione abbiano un impatto significativo sulla salute delle persone e rappresentano i cosiddetti ‘social determinants of health’ (determinanti sociali di salute). ‘La sua ricerca pionieristica ha ispirato politici, accademici e operatori sanitari a riconsiderare le politiche pubbliche e a sviluppare programmi che mirino a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni svantaggiate. La SIMI ha deciso di assegnare l’International Award 2025 al professor Sir Michael Marmot per il suo instancabile impegno nel portare a galla le disuguaglianze sanitarie e nel diffondere la consapevolezza che la salute non è solo una questione individuale, ma profondamente intrecciata con fattori sociali, economici e politici’, ha commentato il professor Montano.

Infine, poiché la Medicina è più di una scienza, proprio perché si occupa della salute dell’individuo nella sua interezza, ha il dovere morale di indagare su tutto ciò che minaccia la salute dei cittadini. Mai come ora dunque c’è bisogno di unire le comunità, riprendere a comunicare, di condividere gli obiettivi. Per questo motivo la SIMI ha voluto dare un segnale di unità, istituendo un secondo Premio, il PREMIO SOLIDARIETÀ, da assegnare a quegli individui o associazioni, che si siano distinti proprio per il loro impegno verso gli altri. Quest’anno il riconoscimento sarà assegnato a Medecins sans Frontiers, organizzazione che da anni rappresenta un esempio concreto di umanità, coraggio e dedizione della Medicina verso chi vive nelle zone più difficili e dimenticate del pianeta.

Fonte: askanews.it

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La Fondazione sosterrà 15 nuovi progetti di ricerca

Indagare la salute mentale dei bambini con fibrosi cistica dai 2 agli 11 anni: questo l’obiettivo del nuovo progetto scientifico “MindKids – CF”, sostenuto dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (FFC Ricerca), ente del terzo settore (ETS) nato per informare su questa patologia e promuovere progetti di ricerca che aumentino la durata e la qualità della vita delle persone che ne sono colpite. “MindKids – CF” è infatti uno dei nuovi 15 progetti di ricerca sulla fibrosi cistica per i quali la Fondazione ha deciso di investire più di 2.100.000 euro nei prossimi tre anni, portando così a 510 il numero totale di iniziative finanziate dal 2002. Tutti i progetti sono stati annunciati questa mattina all’Hotel The Square di Milano, in occasione della presentazione della XXIII Campagna Nazionale FFC Ricerca: anche quest’anno a ottobre il Ciclamino della Ricerca colorerà migliaia di piazze italiane per trovare al più presto una cura per tutte le persone con fibrosi cistica. Per tutto il mese, numerosi eventi e iniziative promossi dai 5000 volontari della Fondazione animeranno il territorio nazionale. Ancora una volta, la Fondazione potrà contare sul generoso supporto di Tecnomat, main sponsor di Campagna, che per l’occasione aprirà i propri punti vendita alla distribuzione del fiore simbolo di speranza e solidarietà, per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi destinati a progetti scientifici avanzati in fibrosi cistica. Lo studio “MindKids – CF” stimerà quanto siano diffusi depressione, ansia e problemi comportamentali nei bambini con fibrosi cistica in età prescolare (2-5 anni) e scolare (6-11 anni), coinvolgendo circa 500 pazienti pediatrici da tutta Italia, e tenterà di individuare degli strumenti per valutare questi parametri. In particolare, adattando a questa fascia di età i test di screening psicologici già esistenti e creandone di nuovi per esaminare gli eventuali effetti neuropsicologici collaterali associati all’uso dei farmaci modulatori per la FC, quelli capaci di agire sulla proteina CFTR difettosa che causa i sintomi della malattia. Le aree di ricerca degli altri 14 progetti, che vedono coinvolti anche istituti internazionali come l’Università di Lisbona, l’Università Cattolica di Lovanio in Belgio e l’Ospedale universitario di Münster in Germania, includeranno terapie innovative per intervenire sulle mutazioni genetiche che causano la fibrosi cistica, terapie per le infezioni broncopolmonari, trattamenti dell’infiammazione polmonare e ricerche cliniche ed epidemiologiche. Dichiara Carlo Castellani, direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica ETS: “Anche quest’anno, la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica ha selezionato, attraverso un’analisi approfondita da parte di esperti internazionali, 15 nuovi progetti di ricerca che sosterrà per approfondire i meccanismi della malattia e trovare nuove possibili terapie. La fibrosi cistica è una malattia complessa che richiede di essere affrontata in tutte le sue dimensioni, compresa quella psicologica, strettamente legata al benessere complessivo dei malati e delle loro famiglie. In questa prospettiva si colloca il nuovo progetto strategico di Fondazione, MindKids-CF, che con strumenti innovativi e scientificamente validati consentirà ai Centri italiani di individuare precocemente possibili criticità neuropsicologiche nei bambini con fibrosi cistica, garantendo interventi tempestivi e rafforzando l’efficacia complessiva della presa in carico”. All’evento, moderato dalla giornalista Francesca Roveda, sono intervenuti: il presidente FFC Ricerca Matteo Marzotto, il direttore scientifico FFC Ricerca Carlo Castellani, Virginia Fiori, testimonial FFC Ricerca e persona con FC, l’ex CT della Nazionale Italiana di Ciclismo Davide Cassani e il campione paralimpico Fabrizio Macchi, in rappresentanza dei campioni del Charity Bike Tour, e Angela Antonini, responsabile Positive Impact di Tecnomat.

Fonte: askanews.it

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A Latina la corsa solidale con oltre 200 partecipanti

“Ogni anno, in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, sentiamo parlare di investimenti e Patti ma la realtà è che il disagio psichico è uno stigma troppo spesso dimenticato dalle Istituzioni e lo dimostrano i dati drammatici che ci mettono fra i paesi europei che meno investono su questi temi, il 15% di quanto spendono nazioni come la Francia e la Germania, per esempio”. A dichiararlo è Silvia Baglioni, fondatrice e coordinatrice generale di Agorà Salus, struttura residenziale psichiatrica socio-riabilitativa operante a Latina e accreditata con la Regione Lazio, che compie vent’anni di vita. Per l’occasione oggi è stata organizzata una corsa solidale di 5 km che ha visto una grande partecipazione cittadina, oltre 200 persone, segno che la salute mentale è un tema sensibile e di grande attualità.

“Crediamo nella cura come relazione, nella prevenzione e nel coraggio di guardare oltre lo stigma. La prevenzione, il miglioramento clinico e la cura della malattia mentale possono diventare una cosa reale attraverso un attento lavoro di psicoterapia quotidiano. Grazie alla riabilitazione psichiatrica su un campione di 40 giovani adulti seguiti dalla nostra struttura (età media 26 anni), oltre la metà ha concluso il percorso con esito positivo: il 94% ha raggiunto l’autonomia abitativa, molti hanno ripreso gli studi o trovato un’occupazione e quasi tutti hanno potuto ridurre la terapia farmacologica. Si tratta di risultati che dimostrano come l’approccio adottato non generi soltanto successi individuali, ma produca anche un beneficio concreto per la sanità pubblica, riducendo i ricoveri ospedalieri e i costi per il sistema sanitario”, conclude la rappresentante di Agorà Salus.

Fonte: askanews.it

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