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Annalisa Scopinaro: “Progetto Women in Rare iniziativa unica nel suo genere”

Roma, 22 dic. (askanews) – Due milioni di persone colpite in Italia. Fino a 4,5 anni in media per una diagnosi. Tra le 6.000 e le 8.000 diverse patologie, finora conosciute, e solo nel 20% dei casi l’origine è ambientale, infettiva o allergica. Ecco alcuni numeri che descrivono la realtà delle malattie rare nel nostro Paese. Un grande problema sociosanitario, che coinvolge direttamente il 5% dell’intera popolazione e indirettamente milioni di altre persone.

Per conoscere meglio questo complesso mondo UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare) lancia un questionario, validato scientificamente, focalizzato in particolare sull’impatto che le malattie rare hanno sulle donne. Il primo questionario è rivolto ai pazienti, mentre il secondo è riservato ai caregiver. Rientra nell’ambito del progetto “Women in Rare”, promosso da Alexion, Astra Zeneca Rare Disease in collaborazione con UNIAMO, EngageMinds Hub, Fondazione Onda e ALTEMS.
“Women in Rare è un progetto generativo volto ad indagare in modo approfondito su aspetti che non sempre sono al centro dell’attenzione nel dibattito pubblico sulle malattie rare – sottolinea Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO – Il loro impatto è importante e influenza quasi sempre negativamente la vita di tutti i giorni delle donne. Perciò intendiamo indagare in modo approfondito sulle ripercussioni in ambito lavorativo, sulle ricadute economiche e finanziarie e tutte le complessità medico-sanitarie”.

“Women in Rare”, avviato nella scorsa primavera, vede al centro le donne, nel doppio ruolo di pazienti affette da malattie rare e di caregiver che si prendono cura di persone colpite da questo tipo di patologie. Il progetto prevede di sensibilizzare le Istituzioni e anche la popolazione attraverso eventi pubblici, campagne social e pubblicazioni.
“Women in Rare” è coordinato da un Comitato Scientifico che vede la partecipazione di qualificati specialisti e di rappresentanti delle associazioni pazienti. “È quasi sempre la donna, in qualità di madre o di moglie, a dover farsi carico a 360 gradi delle conseguenze legate alla malattia – prosegue Scopinaro -. Molte patologie rare inoltre colpiscono prevalentemente le donne. Per questo è necessario che maturi un approccio medico-assistenziale maggiormente orientato al genere femminile e alle sue peculiarità. Queste vanno dalla conciliazione della vita lavorativa con la responsabilità di caregiver alla percezione di sé, fino ai temi legati alla fertilità. In Italia esiste una rete nazionale, di assoluta eccellenza, di Centri di Riferimento per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle malattie rare che lavora in sinergia con le altre reti europee. Tuttavia c’è ancora molta strada da percorrere. Vi è la tendenza a sottovalutare le malattie rare e soprattutto l’impatto che presentano sulla singola persona che ne è direttamente o indirettamente colpita. Da questa constatazione è nato “Women in Rare”, un progetto a cui teniamo particolarmente e che stiamo supportando con forza”.

“Con il lancio della survey diamo seguito a un percorso, fondato sull’attenzione e sull’ascolto, che siamo convinti potrà migliorare la consapevolezza di tutti sui tanti e complessi problemi legati alle malattie rare e che riguardano la condizione delle donne – dichiara Anna Chiara Rossi, VP& General Manager Italy presso Alexion, AstraZeneca Rare Disease -. I risultati potranno fornirci un quadro ancora più chiaro dei bisogni, dei dubbi, dei timori e delle aspirazioni di chi soffre, direttamente o indirettamente, a causa di queste patologie. In questo modo insieme ai nostri partner di progetto, confermiamo il nostro impegno a individuare azioni che possano migliorare le condizioni e le aspettative di vita dei pazienti e dei loro familiari. Come Alexion, Astra Zeneca Rare Disease intendiamo porci come interlocutore con le Istituzioni e i rappresentanti dei pazienti, anche attraverso iniziative di sensibilizzazione come Women in Rare”.

Fonte: askanews.it

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Presentato Libro Bianco FIARPED dell’Assistenza Pediatrica

Roma, 5 dic. (askanews) – Mai più bambini ricoverati in reparti per adulti. Questo il messaggio che arriva in occasione della presentazione del Libro Bianco dell’assistenza pediatrica in Italia della FIARPED (Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica) che si è tenuta oggi al Ministero della Salute per mettere a fuoco i problemi emergenti della Pediatria italiana specie dopo l’impatto della pandemia. I dati dei ricoveri pediatrici relativi agli anni 2019-2021, elaborati con un sistema dedicato di Business Intelligence Sanitaria da Fondazione ABIO Italia, sulla base delle informazioni fornite dal Ministero della Salute e presentati in anteprima all’evento, evidenziano che negli ospedali generali circa un bambino su 4 (26%) nella fascia 0-18 anni viene ricoverato in reparti per adulti, una situazione che in termini assoluti ha riguardato nel 2021 oltre 112 mila minori tra 0 e 18 anni. Il fenomeno ha connotazioni diverse a seconda dell’età: tra 15 e 18 anni ben il 70% finisce con gli adulti; tra i 5 e 14 anni il 36%; tra 1 e 4 anni il 15%, e seppur in percentuale molto ridotta (2,1%) succede persino ai piccoli di età compresa tra 0 e 12 mesi. Molto variabile è il comportamento delle regioni oscillando da un minimo del 14% di minori ricoverati con adulti registrato nel Friuli-Venezia Giulia al 44,5% del Molise, con 9 regioni sopra la media nazionale.

A 15 anni dalla diffusione della Carta Abio-Società Italiana di Pediatria (Sip) che si proponeva di indicare i presupposti per il rispetto dei diritti del bambino in ospedale, tali diritti non sono quindi pienamente applicati in maniera equa e omogenea sul territorio nazionale, soprattutto negli ospedali generali che non hanno uno specifico indirizzo pediatrico.  Proprio la difesa della specificità pediatrica, ossia il diritto dei bambini da 0 a 18 anni a essere curati dai pediatri e in ambienti dedicati, è la principale istanza che emerge dal Libro Bianco. La pubblicazione raccoglie i contributi delle 36 Società associate a FIARPED e riporta un’analisi delle criticità esistenti e una sintesi propositiva distinta per specialità, offrendo così una panoramica e una strategia condivisa e comune sulla riorganizzazione dell’assistenza pediatrica. “La nostra principale preoccupazione è far sì che i bambini non siano curati dai medici degli adulti e in luoghi di cura progettati in funzione delle caratteristiche dell’adulto, ma da professionisti formati sui problemi clinici dei bambini e in spazi di cura a loro dedicati, perché è noto e ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica che questo ha un impatto sulla qualità e sulla sicurezza delle cure pediatriche”, afferma Annamaria Staiano, Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP) e co-presidente FIARPED. Un problema che riguarda in maniera particolare alcune specialità pediatriche, a cominciare dalle Terapie intensive pediatriche. Negli ultimi tre anni (dato disponibile 2019-2020-2021) 6.254 minori sono stati ricoverati nelle terapie intensive, di questi quasi la metà, ossia 2.754, pari al 44%, sono finiti nelle terapie intensive per adulti, numeri che però devono ritenersi approssimativi attesa l’assenza di un codice Ministeriale che identifichi una Terapia Intensiva Pediatrica. Tra le specialità in cui si assiste più spesso al ricovero di minori con adulti l’ortopedia e traumatologia (34%), e a seguire la chirurgia generale e l’otorinolaringoiatria (16%). Particolarmente delicata la situazione della neuropsichiatria infantile, come spiega Elisa Fazzi Presidente della SINPIA (Società Italiana Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza) e co-presidente di FIARPED: “L’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, compromette le risposte per disturbi neurologici gravi e complessi per i quali è indispensabile una competenza specialistica.  Il 30% dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti psichiatrici per adulti e il 10% dei ricoveri psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata”.

Fonte: askanews.it

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E dovrà conviverci tutto l’anno

Primavera, stagione apprezzata da molti, complici le giornate più lunghe, il clima temperato, e la possibilità di trascorrere più tempo all’aperto, un fattore che influisce notevolmente sull’umore. Non per tutti, però, è così. “La primavera è anche associata all’arrivo delle allergie respiratorie e al malessere che esse portano con sé, e lo sa bene il 25% della popolazione mondiale che ne soffre durante quello che è diventato ormai un periodo lunghissimo”. Lo ha affermato Giorgio Walter Canonica, General Executive Manager SIAAIC, Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica  e Senior Consultant Humanitas Milano che con Assosalute, l’Associazione nazionale farmaci di automedicazione che fa parte di Federchimica, ha affrontato questo e altri aspetti legati al tema delle allergie respiratorie. Dai cambiamenti climatici in atto fino alle buone abitudini e all’utilizzo responsabile dei farmaci di automedicazione, ecco tutti i consigli per gestire al meglio la sintomatologia e minimizzare l’impatto delle allergie sulla vita quotidiana.

Le riniti allergiche, sebbene non siano un fenomeno nuovo, hanno registrato un peggioramento negli ultimi anni, soprattutto tra i giovani e i bambini in età pediatrica, ma non solo: “In questi anni iniziano a emergere studi sull’insorgenza e sulla diffusione delle allergie anche dopo i settant’anni”, afferma il Professore. Le cause della maggiore incidenza delle allergie respiratorie sono diverse: “Dalla fine della pandemia”, prosegue, “si è assistito a una esplosione delle allergie respiratorie, complice il minor uso della mascherina, che per molto tempo ha avuto un effetto protettivo dall’inalazione dei pollini, allergeni, virus e inquinanti”. L’aumento delle allergie avrà un impatto significativo sulla salute e sulla qualità della vita di molte persone. Infatti, il Professore rivela che “secondo le proiezioni, tra il 35% e il 40% della popolazione italiana soffrirà di rinite allergica entro il 2030”. Non solo la pandemia ha avuto un impatto significativo sulla nostra salute e sul nostro benessere, ma anche il cambiamento climatico e l’inquinamento stanno emergendo come minacce crescenti, anche se necessitano ancora di molte analisi per valutarne l’impatto sulle allergie respiratorie.

“Dobbiamo affrontare la prossima stagione con le dita incrociate. Se il trend continua a essere lo stesso, complici anche i livelli di inquinamento presenti nell’aria, dobbiamo attenderci sicuramente una primavera molto impattante per coloro che sono allergici”, sottolinea. Gli effetti del cambiamento climatico, in particolare l’aumento della temperatura, influiscono sulla stagione di pollinazione, che, rispetto al passato, è più lunga: “Gli allergici alla Parietaria, infatti, faranno i conti con le allergie da febbraio a novembre, non è più, dunque, una condizione stagionale ma perenne”, commenta il Professore, “il cambiamento climatico, che ne è la causa, ha comportato un aumento del numero di pollini sia nella quantità che nella durata del fenomeno”. A questo, poi, va aggiunto il danneggiamento della mucosa respiratoria da parte dell’inquinamento ambientale, “agevolando la penetrazione degli allergeni e stimolando la risposta allergica. Più aumenta l’inquinamento e più il danno della mucosa diventa importante, contribuendo così a potenziare la risposta anomala che causa i sintomi dell’allergia”, mette in guardia il Professore. Ecco, dunque i 5 consigli dell’esperto. 1. La protezione dall’esposizione agli allergeni, pollini e inquinanti ad esempio tramite l’uso della mascherina, è sempre consigliata. 2. Attenzione al meteo. I fenomeni metereologici quali temporali e precipitazioni abbondanti, con conseguenti scariche elettriche che possono rompere i pollini, possono peggiorare la condizione allergica. Meglio dunque evitare le passeggiate in presenza di questi eventi. 3. Trattamento farmacologico preventivo. Bisogna prendere consapevolezza dei segnali d’allarme. I farmaci di automedicazione, contraddistinti dal bollino rosso che sorride sulla confezione, possono essere utilizzati non appena compaiono i primi sintomi. Tra questi si consigliano i farmaci antistaminici e antiallergici disponibili come spray nasali, colliri e compresse. Su questi ultimi si consigliano quelli di ultima generazione, che sono sempre una sicurezza assoluta e consentono di proseguire con serenità le attività quotidiane. Oggi esistono anche le combinazioni di steroidi nasali con antistaminici che sicuramente hanno cambiato la strategia terapeutica della rinite allergica. 4. Diagnostica corretta. Per una prima diagnosi è opportuno un consulto con il medico di medicina generale. Se la patologia è riferibile al fenomeno di tipo allergico, per individuarne la causa è sempre meglio affidarsi all’allergologo che definirà poi la terapia farmacologica più idonea o, in caso di situazioni gravi, indirizzerà verso l’immunoterapia specifica. 5. Pulizia degli ambienti. In casa, è fondamentale prestare attenzione agli acari della polvere e alla forfora degli animali da compagnia. Per i primi, si consiglia di utilizzare per materassi e cuscini delle fodere anti-acari, rappresentando questi la fonte principale degli acari.  Per gli animali conviene lavarli una volta alla settimana al fine di rimuovere il più possibile gli allergeni dal loro pelo e tenerli lontano da divani e mobili imbottiti, che possono trattenere gli allergeni. 


Fonte: askanews.it

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